Breve post per una nota mentale a me stesso, e magari per salvare qualche collega distratto come me dal patema d’animo.
Scrivo questo post mentre sono seduto al gate B7 dell’aeroporto di Fiumicino dal quale, a breve, partirà il volo che mi porterà ad Amsterdam, dove poi prenderò il mio volo per Boston. Passerò la settimana qui per il convegno dell’IFA (International Fiscal Association). Quest’anno ho avuto l’onore/onere di scrivere il National Report per l’Italia e dunque mi sento meno in colpa verso i miei colleghi che sono rimasti in studio per questa vacanza scientifica che mi permetterà di ammirare lo splendido autunno nel New England.
Tutto ok dunque. Ora si.
Un po’ meno quando, dopo circa 35 minuti di fila per arrivare all’imbarco del bagaglio (gestione Alitalia, ça va sans dir) mi sento rispondere con aria sorniona dalla hostess: “ma lei ha fatto l’ESTA?, dal terminale non risulta. Se non ha l’ESTA non la posso fare partire”. Alla mia domanda allarmata e circostanziata “EEEHHHH??”, la hostess mi ha spiegato che da gennaio 2009 il buon Obama ha introdotto una procedura online a pagamento di richiesta di ammissione agli Stati Uniti per i cittadini dei paesi con i quali intercorre l’accordo di Visa Waiver. Inutile dire che KLM durante il check-in non aveva segnalato nulla, ne nulla era scritto nel sito della polizia di Stato dove sono andato a verificare se il mio passaporto (emesso a metà 2006) era valido per gli Stati Uniti.
“Dovrebbe trovare un modo per connettersi a internet”, mi dice la hostess con un misto di pietà e irrisione, guardando la lunga fila, “tenga conto che ha 40 minuti, dopodiché chiudiamo l’imbarco”. Se le potessi leggere il pensiero probabilmente sentirei qualcosa tipo “povero fesso. pensavi di partire per gli Stati Uniti. Avresti dovuto informarti prima”.
Per fortuna, però, aveva usato la parola magica. Era qualcosa che si poteva risolvere via internet. Armato del mio proverbiale ottimismo, mi metto d’accordo con la Hostess che mi farò da parte un attimo per risolvere la questione ma non dovrò rifare la fila. Lei mi risponde dubbiosa “faccia pure. “.
Mi sposto di lato. Tiro fuori il MacBook Air dalla tracolla, l’iphone dalla tasca e avvio il “personal hotspot“. Il mac ci si connette in automatico e via al sito dell’ambasciata americana in Italia. Qualche secondo di disorientamento. Ecco la barra di navigazione. A sinistra è bene in vista la casella VISAS. Menù a tendina. Eccola, la parola magica, ESTA. Click. Scopro che significa Electronic System for Travel Authorization. Da quanto mi sembra di capire sostituisce quel foglietto verde (Form I-94W) che facevano compilare in aereo quando si stava per atterrare negli USA.
Per fortuna si tratta di una misura di Obama, dunque la procedura si può fare online, compreso il pagamento con carta di credito, e l’approvazione è immediata. Ci metto 5-6 minuti in tutto (La velocità è in buona parte merito di 1Password, che permette di conservare in modo protetto le informazioni personali, e di averle sotto mano immediatamente quando servono) per compilare tutto, inviare, pagare e ottenere l’autorizzazione.
Alzo lo sguardo verso la hostess, dal viso della quale è sparita quell’espressione di scherno e che ora mi guarda con aria interrogativa. Aspetto che finisca con il passeggero che sta davanti a me mentre ripongo nel loro scrigno i miei gioielli tecnologici, dopodiché mi faccio avanti con aria trionfante. Tutto a posto. Ricontrolli per favore. Tutto OK. “Il bagaglio lo riprende a Boston. Buon Viaggio.”
Grazie.
Ora, so bene che le stesse cose si sarebbero potute fare con smartphone di altre marche e PC con altri sistemi operativi, o avendo una chiavetta internet da attaccare al Computer, o in tanti altri modi. Ma vi assicuro che in un momento di quasi-panico come quello – dove con i minuti contati cerchi di rimediare a quella che si rivelerebbe una fastidiosissima figuraccia – è confortante il poter contare su due oggetti familiari. Due oggetti che senza fronzoli e con un interfaccia semplicissima si collegano in automatico e ti permettono di risolvere un problema come questo senza dover aggiungere fastidiosi momenti in cui devi sperare che vada tutto bene quando provi a impostare parametri di connessione, o configurare porte, o altre amenità delle quali per fortuna ho perso il ricordo.
Update: Mi resta, invece, il ricordo della “intervention from the floor” che sono stato invitato a fare a Boston dai membri del Panel che discuteva il Subject 2 (per il quale avevo scritto il national report Italiano), e mi resta perchè una collega mi ha filmato col cellulare. Questo è il video, scarsa qualità, contenuto credo di poco interesse per 9/10 dei lettori di questo blog, ma dato che ce l’ho su youtube eccovelo.
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