Un po’ di riflessioni preliminari in attesa di poter leggere la decisione!
I rulings fiscali Irlanda e UK li hanno da tantissimo tempo e sono istituti a disposizione di chiunque.
Sono in linea di massima una cosa buona perché danno alle imprese certezza che un funzionario dell’amministrazione finanziaria non possa svegliarsi tra qualche anno e dire: “hai interpretato male la norma, ora ti stronco di sanzioni”.
Infatti stiamo provando a introdurre anche da noi strumenti simili (cfr. cooperative compliance).
Il punto di questo caso é però diverso: secondo la Commissione UE il trattamento con Apple è particolarmente “divergente” (una misura per essere aiuto di Stato UE ai sensi dell’art. 107 TFUE deve concedere un “vantaggio selettivo”) dalla normale applicazione del sistema a tutte le imprese.
In questo caso (e in quelli Amazon, Fiat Finance, Starbucks e in altri che la DG Concorrenza sta avviando a partire da Luxleaks) il vantaggio selettivo é ricercato dalla Commissione UE nella divergenza dei criteri applicati nel singolo ruling dallo “standard” OCSE in materia di Transfer Pricing (metodo utilizzato per attribuire in modo corretto gli utili tra una società e l’altra nello stesso gruppo), cosa mai successa prima con queste modalità, particolarmente interessante per chi studia questi temi (per una serie di motivi sui quali – seppur sempre in attesa che il testo della decisione sia reso pubblico – ho scritto qualcosa di un pochino più analitico su www.aiutidistato.org ).
Un altro elemento di evidente novità è nello stesso lancio stampa, dove c’é la chiosa sulla potenziale riduzione di quanto recuperabile dall’Irlanda in ragione di quanto “attribuibile” ad altri (rispetto all’Irlanda) Stati membri.
Ciò sembra, di fatto, traslare in qualche modo a Apple la scelta (recte: la possibilità) di dimostrare/decidere dove e a chi pagare (nb: la regola negli aiuti é che lo Stato membro, destinatario della decisione negativa, recupera l’aiuto dal destinatario).
Non ci sono mai stati esempi di questo tipo, che sembrano preludere, nel calcolo della somma da recuperare, a una sorta di accertamento con adesione multilaterale UE con necessità di elaborare una apportionment formula di qualche tipo per il gettito spettante a ogni Stato, soluzione questa che appare sinceramente di molto difficile gestione pratica e di dubbia legittimazione giuridica.
Sorvolando sugli aspetti di legittimo affidamento e eventuale illegittimità del recupero, per ora, ciò che è certo è il fatto che per mezzo del diritto della concorrenza la Commissione tenta di fare un significativo passo in avanti nel senso di una maggiore armonizzazione fiscale UE, la cui contropartita è una erosione ulteriore della sovranità fiscale degli Stati membri.
Chi si occupa di questi temi sa che si tratta di casi “di frontiera”, e la frontiera – in particolare in un caso di queste dimensioni – è sempre molto interessante da seguire, in particolare nel contenzioso che si svilupperà davanti alla Corte di giustizia che, in un senso o nell’altro, scriverà una pagina importante del diritto UE.
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