Pubblicato in GUCE il 14 febbraio 2014 il Decreto sul Processo Tributario Telematico (PTT).
Finalmente, aggiungerei. Qui il testo ufficiale come pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Sono passati quasi tre anni da che il DL n. 98 del 6 luglio 2011 aveva previsto che: “con regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, emanato entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il DIgitPA e il Garante per la protezione dei dati personali, sono introdotte disposizioni per il più generale adeguamento del processo tributario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni” (Art. 39, c. 8, lett d).
Il DL 98 era lo stesso che aveva introdotto il nuovo comma 1-bis all’art. 16 del D.Lgs 546/92 relativo alla comunicazione via PEC delle veline di cancelleria per dispositivi e avvisi d’udienza, strumento ottimamente recepito e perfettamente funzionante.
Da allora tanto si è parlato, persino organizzando convegni in cui si annunciava il via alla sperimentazione a Roma nell’ottobre 2013. Invece i mesi sono passati senza che si vedesse nulla di concreto.
Finalmente il 23 Dicembre 2013 scorso è stato approvato il decreto.
Poi però si sono fatti passare quasi due mesi prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Perché affrettarsi, del resto. Non viviamo mica in un Paese nel quale i tempi della giustizia e i costi della stessa (per i contribuenti e per lo Stato) sono una delle cause del declino…
A una prima superficiale lettura del decreto ci si fa quasi convincere sia la volta buona. Si parla finalmente di cose concrete, disciplinando il funzionamento del processo: procura alle liti (art. 4), notifiche e comunicazioni (art. 5), elezione di domicilio digitale e PEC (art. 6 e 7) e modalità di costituzione in giudizio (art. 10), deposito degli atti a essa successivi e di atti e documenti non informatici (art. 12), giudizio d’appello (art. 13), fascicolo informatico (art. 14), processo verbale dell’udienza (art. 15), redazione e deposito dei provvedimenti (art 16), formula esecutiva (art. 17), trasmissione dei fascicoli (art. 18).
A guardare con più attenzione, però, ci si rende conto che – dopo lunghissima gestazione – la montagna ha partorito un topolino.
Già con l’art. 3, par. 3, infatti, il decreto calcia la palla in avanti: “con uno o piu’ decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, sentiti l’Agenzia per l’Italia Digitale e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate le regole tecnico-operative per le operazioni relative all’abilitazione al S.I.Gi.T., alla costituzione in giudizio mediante deposito, alla comunicazione e alla notificazione, alla consultazione e al rilascio di copie del fascicolo informatico, all’assegnazione dei ricorsi e all’accesso dei soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, nonche’ alla redazione e deposito delle sentenze, dei decreti e delle ordinanze. Con i medesimi decreti sono stabilite le regole tecnico-operative finalizzate all’archiviazione e alla conservazione dei documenti informatici, in conformita’ a quanto disposto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e integrazioni“.
E l’art. 20 conclude in bellezza “Le disposizioni del presente regolamento si applicano ai ricorsi notificati a partire dal primo giorno del mese successivo al decorso del termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del primo decreto di cui all’articolo 3, comma 3, e depositati presso le Commissioni tributarie individuate con il medesimo decreto“.
Altro che sperimentazione a ottobre 2013, come era stato annunciato nell’estate 2013. La necessità di dover aspettare i decreti attuativi e il termine “fluttuante” di 90 giorni che decorre dall’adozione del primo di questi significa che passerà almeno un anno (a essere ottimisti) prima che la prima Commissione Tributaria possa sperimentare il PTT .
Tra l’altro, nel merito, anche con riferimento al PTT non posso che confermare quanto ho già scritto con riferimento al processo civile: si è persa l’occasione per un cambio epocale, strutturale del processo, e ci si è incartati provando a dare un vestito digitale alle stesse operazioni che prima lo avevano cartaceo, rendendo il sistema inutilmente complesso e arzigogolato, e perdendo una occasione per sfruttare le potenzialità offerte dalla digitalizzazione per snellire la procedura.
Come ho già scritto, alla Corte UE ci sono voluti – per sperimentare e portare a regime il sistema e-curia – meno di due terzi del tempo impiegato dalle autorità italiane solo per “studiare” il processo tributario telematico.
Ecuria è un sistema semplice e snello (sia per le parti che per la corte), molto più efficace di quello che ci apprestiamo a sperimentare nel processo tributario. Tra l’altro nel caso del processo tributario (processo di impugnazione d’atti di autorità pubbliche) sfruttare l’esempio della Corte UE sarebbe semplicissimo.
Basterebbe capire che il binomio notifica-deposito non è il modo migliore di impostare un sistema processuale telematico, e che sarebbe molto più efficiente ispirarsi al “rito” telematico elaborato dalla Corte UE: il ricorso viene “caricato” nel sistema, dopodiché il sistema provvede esso stesso a notificare all’ente emittente che l’atto in questione è stato impugnato, e che dal momento di ricezione di tale PEC l’ufficio avrà 7 giorni per entrare nel S.I.Gi.T. e scaricare il ricorso (in quel caso il momento da cui decorrono i termini per le controdeduzioni è quello in cui il ricorso viene scaricato dall’ufficio) altrimenti si da per notificato decorsi i 7 giorni dalla ricezione della PEC (e da quel momento decorrono i termini).
Se vi sembra azzardato, sappiate che il processo telematico ecuria della Corte UE funziona in questo modo (benissimo), e per di più senza neppure la posta certificata, ma la email ordinaria.
Invece ci tocca ragionare di come meglio adempiere all’obbligo di “depositare” nel S.I.Gi.T. le ricevute delle notifiche PEC dei ricorsi prevista dall’art. 9, c. 2. (peraltro molti di noi hanno già sperimentato come le caselle PEC degli enti siano spesso “inagibili” in quanto “piene”, e dunque non restituiscano la ricevuta di “consegna” della PEC, evento che pone delicati problemi giuridici, perché se la scissione del termine di notifica dovrebbe comunque tutelare il notificante, non è detto che il “malfunzionamento” del sistema PEC “punisca” l’ufficio, dato che l’omessa manutenzione delle caselle PEC non è sanzionata processualmente).
Anche stavolta, insomma, posso riciclare la foto dell’articolo sul processo civile telematico: il futuro, ancora una volta, è rinviato alla prossima uscita.
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